INTERVISTA A
SARA RICCIARDI

La designer Sara Ricciardi si racconta in un'intervista che esplora colori, metafore e forme organiche che si schiudono nella sua visione e in Semina, la collaborazione realizzata con Rometti di 38 vasi-scultura in edizione limitata a partire dal concetto di seme.

Molti dei tuoi lavori trasudano potere femminile, con riferimenti espliciti o taciuti a un’energia quasi ancestrale, che viene da lontano. Ci sono elementi a cui ti senti particolarmente legata in questo senso?

Sono felice che traspaia un’energia femminea, che in realtà viene da un rapporto con la mia madre, con la terra, che è molto profondo. Sono nata nell’entroterra campano, in una città chiamata Benevento, che è la città delle streghe, che si alimenta di frequenze basse. C’è una linea molto intima che la lega al territorio del magico. Per me è fondamentale tenere saldo questo rapporto straordinario con gli avi, le mie antenate e l’ancestrale. È venuto in maniera abbastanza naturale. È stato uno studio accurato, ma anche un richiamo. L’ho sentito come una chiamata viscerale, che poi approda nei miei lavori, si manifesta nelle mie parole e nel mio sentire.

Ti senti vicina alla figura della strega per il suo rapporto profondo con la natura e i legami di sorellanza?

Assolutamente, per me la strega è una donna capace di analizzare le energie, i magnetismi, le frequenze, che capisce il potere curativo, anche come intelligenza fisica, intelligenza naturale. Significa essere molto a contatto con la natura, che tra l’altro torna sempre straordinaria nel nostro mensile richiamo lunare, ad esempio nel nostro ciclo. Significa sentire queste trasformazioni, perché noi siamo natura. Articoliamo tutto un sistema di griglie per poterci muovere all’interno di essa con delle convenzioni, ma in realtà siamo un suo frutto, dal quale ci vogliamo allontanare con dell’artificio. Però ne siamo sempre parte, ed è bellissimo tenere vivo questo dialogo. La strega, appunto, è colei che ha il potere vivo delle viscere. Si sente totalmente in contatto anche con il potere uterino, la parte emozionale e sa creare incantesimi con questi elementi.

Parli attraverso il corpo e i sentimenti e i tuoi design ne assumono in parte le forme, anche in maniera metaforica. Da dove nasce un processo di creazione così emotivo e legato al sé e a quali sfide porta?  

Il processo creativo ogni volta attinge da metodologie molto diverse, per cui a volte c’è una conoscenza fisica che ti porta a capire lo spirito e la forma. A volte è il corpo a creare qualcosa. Quando ci si connette con i materiali o con il disegno, è il corpo che trascina verso un concetto. Molto spesso accade il contrario: visualizzi un concetto e come un paesaggio lessicale di verbi e parole che iniziano a creare la forma e l’architettura. Tu le metti giù, e da lì riesci a sintetizzare quel linguaggio in un codice espressivo, in una forma.

 

Lavorare una materia terrosa e simbolica come l’argilla ti ha condotta a nuove considerazioni e riflessioni?

Lavorare con la terra è stato straordinario proprio perché, lavorando sul tema del seme, è stato bellissimo poterlo manipolare con i segni, i graffi, le unghie. Avere un rapporto ipermaterico, così come si avrebbe con un impasto di terra da manipolare. È incredibile come le mani e l’argilla insieme si sentano vicendevoli creatori, sia la materia a suggerirti, sia la mano a vibrare. In realtà sono accomunati dalla stessa matrice. Il tema è stato infatti spaccare, creare quello squarcio che, come succede nella pelle, succede anche nella terra, e si apre per simboleggiare lo schiudersi del seme che dà la nascita alla fioritura e al fiore.

– Semina è una collezione nata proprio perché c’è questa profonda intesa con la terra. Non poteva essere fatta se non in quel materiale. –

In Semina, la serie di pezzi creata con Rometti ed esposta con Contemporary Cluster, parli di un dolore quasi necessario per sbocciare, un seme che deve rompersi per permettere alla pianta di germogliare e fiorire. Alcuni dei tuoi semi lottano con lance, altri si proteggono con scudi. Possiamo considerare la collezione un esercito di emozioni che hai attraversato? Con quale pezzo ti senti più in sintonia al momento?

Sì, Semina è stata totalmente una mostra dedicata al tema del dolore, del pianto che è appunto la prima persona del verbo “piantare”, “io pianto”, ed è anche il participio passato del verbo “piangere”. Quindi bisogna aver pianto per piantare nuovi semi. Simboleggia un momento complesso che ho attraversato. Di volta in volta tutti noi viviamo nuovi processi di trasformazione, che dobbiamo accogliere e lasciare che squarcino in noi delle nuove aperture. L’esercito di emozioni, tra l’altro è una visione straordinaria, perché sono anche molto dure le emozioni, sono complesse, sono orde, sono unni, che si lanciano all’interno del tuo corpo e bisogna affrontarle. È molto importante affrontarle. 

In questo momento, dovessi dire il pezzo con cui sono più in linea, sono sicuramente le Semi-lance. Ho tagliato i capelli, sono in un momento molto sintetico, longilineo e in attacco acuto. Quel pezzo ha queste ciglia, queste piume finali, però è anche super appuntito e ha questa affilata carica di un essere pronto per l’attacco. È il pezzo che in questo momento risuona maggiormente con il mio animo affilato.